Bergoglio al Consiglio direttivo dell’associazione: non basta guardarsi allo specchio, camminiamo verso la gente. «”Azione” come gratuità, “cattolica” come farsi prossimo»
L’Azione cattolica potrà «aiutare la comunità ecclesiale ad essere
fermento di dialogo nella società, nello stile che ho indicato al
Convegno di Firenze». E questo in un momento in cui la Chiesa italiana
«riprenderà» nella prossima «Assemblea di maggio» l’incontro celebrato
nel capoluogo toscano nel 2015 «per toglierlo dalla tentazione di
archiviarlo».
Una ripresa alla luce «del cammino sinodale»
che incomincerà nella Penisola «da ogni comunità cristiana, dal basso,
dal basso, dal basso fino all’alto». Con «la luce, dall’alto al basso»,
che «sarà il Convegno di Firenze». Lo ha detto papa Francesco ricevendo il Consiglio nazionale di Azione cattolica
in una udienza concessa in occasione della XVII Assemblea nazionale
celebrata in modalità online sul tema “Ho un popolo numeroso in questa
città”.
Per il Pontefice «una Chiesa del dialogo è una Chiesa
sinodale, che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce
di Dio che ci raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra». E
«in effetti, quello sinodale non è tanto un piano da programmare e da
realizzare, ma anzitutto uno stile da incarnare». In questo senso, ha
sottolineato il Pontefice, l’Azione cattolica, «costituisce una
“palestra” di sinodalità», e tale «attitudine è stata e potrà continuare
ad essere un’importante risorsa per la Chiesa italiana, che si sta
interrogando su come maturare questo stile in tutti i suoi livelli».
All’insegna di «dialogo, discussione, ricerche, ma con lo Spirito
Santo».
«Il vostro contributo più prezioso – ha detto
Francesco al Consiglio direttivo di Ac – potrà giungere, ancora una
volta, dalla vostra laicità, che è un antidoto all’autoreferenzialità».
Infatti, ha rimarcato il vescovo di Roma, «quando non si vive la laicità vera nella Chiesa, si cade nell’autoreferenzialità». E «fare sinodo non è guardarsi allo specchio, neppure guardare la diocesi o la Conferenza episcopale, no, non è questo». Fare sinodo è invece «camminare insieme dietro al Signore e verso la gente, sotto la guida dello Spirito Santo».
Inoltre «laicità è anche un antidoto all’astrattezza», perché «un percorso sinodale deve condurre a fare delle scelte».
Infatti «queste scelte, per essere praticabili, devono partire dalla
realtà, non dalle tre o quattro idee che sono alla moda o che sono
uscite nella discussione». E «non per lasciarla così com’è, la realtà,
no, evidentemente, ma per provare a incidere in essa, per farla crescere
nella linea dello Spirito Santo, per trasformarla secondo il progetto
del Regno di Dio».
Quella sul Convegno di Firenze e sul
«cammino sinodale» è stata, con ampie aggiunte a braccio, la terza parte
del discorso di Francesco al Consiglio direttivo dell’Ac, articolato
sulle tre parole “azione”, “cattolica” e “italiana”.
Innanzitutto l’”azione”, che deve avere come prima caratteristica «la gratuità». Perché «la spinta missionaria non si colloca nella logica della conquista ma in quella del dono». E «la gratuità, frutto maturo del dono di sé», chiede di dedicarsi alle «comunità locali, assumendo la responsabilità dell’annuncio», e domanda di ascoltare i territori, «sentendone i bisogni, intrecciando relazioni fraterne». In questa chiave quella dell’Ac, «fatta di tanti “santi della porta accanto”», è una storia «che deve continuare», perché «la santità è eredità da custodire e vocazione da accogliere».
Una seconda caratteristica dell’”azione” è poi «quella dell’umiltà, della mitezza».
E tutta la Chiesa, ha rimarcato il Papa, è «grata» all’Ac, perché la
sua «presenza spesso non fa rumore, ma è una presenza fedele, generosa,
responsabile». Infatti «umiltà e mitezza sono le chiavi per vivere il
servizio, non per occupare spazi ma per avviare processi». «Sono
contento – ha aggiunto Francesco – perché in questi anni avete preso sul
serio la strada indicata da Evangelii gaudium. Continuate lungo questa
strada: c’è ancora tanto cammino da fare!».
Per Papa Francesco la parola “cattolica”
si può «tradurre con l’espressione “farsi prossimo”». E l’Ac può «fare
molto in questo campo», proprio perché è un’associazione di laici.
Infatti «è ancora diffusa la tentazione di pensare che la promozione del
laicato – davanti a tante necessità ecclesiali – passi per un maggiore
coinvolgimento dei laici nelle “cose dei preti”». Con «il rischio che si
finisca per clericalizzare i laici». «Ma voi, – ha spiegato – per
essere valorizzati, non avete bisogno di diventare qualcosa di diverso
da quello che siete per il Battesimo. La vostra laicità è ricchezza per
la cattolicità della Chiesa, che vuole essere lievito, “sale della terra
e luce del mondo”». In particolare i laici di Azione Cattolica potranno
«aiutare la Chiesa tutta e la società a ripensare insieme quale tipo di
umanità vogliamo essere, quale terra vogliamo abitare, quale mondo
vogliamo costruire». Portando anche «un contributo originale alla
realizzazione di una nuova “ecologia integrale”».
E poi la parola “italiana“: “La vostra associazione – ha sottolineato il pontefice – è sempre stata inserita nella storia italiana e aiuta la Chiesa in Italia ad essere generatrice di speranza per tutto il vostro Paese”.
da Avvenire del 30/04/2021